Autore: Matteo SIMONE
Psicologo dello sport, Psicoterapeuta
Un allenatore si occupa di persone, del loro
rendimento sportivo come singoli e come squadra, sono deputati all’educazione
innanzitutto, ad un corretto stile di vita che e’ quello sportivo.
Si possono occupare di bambini, ragazzi, adolescenti,
adulti, professionisti, master.
Devono prima di tutto dare un buon esempio,
correttezza negli appuntamenti, negli impegni, condivisione di obiettivi
personali e di squadra, identificazione di motivazioni, gestione dello stress
in allenamento ed in competizione, modulare i carichi di lavoro, continuo
feedback con i propri atleti o squadra, disponibile ad accogliere domande, dare
spiegazioni su particolari esercizi, tecniche, modalità di lavoro.
Sapere costituire gruppi di allenamento sia per sport
singoli che di squadra, sapersi relazionare con figure che gravitano intorno al
mondo degli atleti.
Considerare che la formazione non finisce mai, c’è
sempre qualcosa da apprendere, da conoscere.
Saper essere buoni leader sapendo valutare come
comportarsi con le diverse persone ed i diversi contesti.
L’allenatore di una squadra sportiva
deve fare attenzione a diversi aspetti inerenti i propri atleti e questo può
avvenire considerando i fattori importanti per il benessere dei singoli atleti
e del gruppo squadra e la performance dei singoli atleti, di due o più atleti e
dell’intera squadra.
Elenco alcuni aspetti importanti:
-
il monitoraggio
del clima dei singoli atleti e dell’intero gruppo squadra;
-
programazione
e focalizzazione degli obiettivi degli allenamenti, dei prossimi incontri e del
campionato;
-
gestione
delle tensioni all’interno della squadra e delle pressioni da parte della
dirigenza, dei fan, dei mass media;
-
integrazione
degli nuovi atleti inseriti nella squadra arrivati da altri contesti, paesi,
nazioni.
Per portare una squadra
all’eccellenza e rinforzare le aspettative di performance è importante per
l’allenatore far leva sull’autoefficacia riesaminando precedenti prestazioni di
eccellenza individuali o di squadra ed anche dando feedback adeguati, mirati ed
esplicativi che possano incrementare la fiducia di riuscita negli atleti.
L’autoefficacia è la convinzione
della propria capacità di fare una certa cosa, o in altre parole, di
raggiungere un certo livello di prestazione.
L’autoefficacia viene definita dallo
psicologo Albert Bandura come “la fiducia che una persona ripone nella propria
capacità di affrontare un compito specifico”.
Importanti dati di ricerca sottolineano
come le persone con forti convinzioni di autoefficacia sono sicure di potersi
esprimere al meglio delle proprie potenzialità, hanno aspirazioni ambiziose, si
impegnano nelle attività che fanno e si riprendono rapidamente dagli
insuccessi; tutti questi sono elementi importanti per una prestazione di
successo.
L’autoefficacia per un certo compito
è resistente quando una persona resta convinta delle sue capacità anche di
fronte a insuccessi e difficoltà di vari tipo; non lo è invece quando difficoltà
e insuccessi portano a sentirsi meno capaci.
La persona che avrà sviluppato un
forte senso d’autoefficacia sceglie obiettivi più elevati, è più motivata, usa
le proprie capacità con maggiore efficienza, è meno ansiosa, gestisce meglio i
fallimenti, è più tenace e ottiene risultati più soddisfacenti di chi invece ha
una percezione negativa delle proprie possibilità.
E’ importante per l’allenatore avvalersi
di consulenti, allenatori, psicologi dello sport, mental coach che possano
contribuire ad una visione più ampia delle risorse umane a disposizione per
poter utilizzare al meglio e portarli all’eccellenza nel gesto atletico e nel
gioco sportivo.
E’ importante sservare attentamente
dal vivo e tramite video i propri giocatori, gli avversari, individuare e
valutare il gap tra lo stato di forma della propria squadra e di quelle
attualmente più in alto in classifica e pianificare una modalità di allenamento
con il bisturi, cioè discriminare le compenenti, le caratteristiche dei propri
giocatori che vanno potenziate per contrastare le squadre attualmente più forti
e programmare le fasi di preparazione per raggiungere quanto prefissato,
facendo periodicamente delle verifiche su quanto stabilito.
L’allenatore dovrebbe essere
innovativo, creativo, dovrebbe sorprendere i propri atleti, avere vedute ad
ampio raggio, documentarsi su possibilità di utilizzare altre forme,
possibilità, strategie di allenamento; per esempio organizzare simulate di
partite dove metà dei propri atleti utilizza i coompleti degli avversari o
della squadra più forte in classifica in modo che la simulata di partita, di
incontro stimoli una forte competizione tra gli atleti tale da fargli
sperimentare di essere veramente in campo con gli avversari o la squadra più
forte del campionato.
L’allenatore dovrebbe organizzare
dei brevi allenamenti a tavolino pre o post allenamento fisico, stimolando tra
i propri atleti proposte, idee, e spiegando come vuole operare in alcuni
allenamenti ed in vista di incontri importanti e determinanti e per monitorare
le sensazioni dei propri atleti.
L’allenatore deve far leva sulla
motivazione, l’impegno e la forte determinazione dei propri atleti soprattutto a
seguito di infortuni, prestazioni non andate per il meglio oppure per
consolidare un periodo positivo.
L’infortunio rappresenta un evento destabilizzante
l’equilibrio psicologico dello sportivo; un cattivo adattamento all’infortunio
può comportare la comparsa di sensazioni di rabbia e impotenza, sbalzi di
umore, sensi di colpa, pensieri depressivi.
Per l’atleta può essere un problema serio perché
potrebbe essere necessario riposare e questo potrebbe causare una perdita dello
stato di forma raggiunto, una non possibilità di migliorare le prestazioni,
quindi si potrebbe diventare nervosi perché gli altri vanno più forti. L’atleta
potrebbe essere disposto ad allenarsi anche con l’infortunio, con il dolore,
non può rischiare di perdere la forma.
L’auspicabile intervento può espletarsi nell’aiutare l’atleta infortunato a
ridefinire le priorità che si era prefissato prima dell’incidente; ad allargare
i suoi interessi anche ad ambiti non sportivi, continuando, contestualmente a
mantenere i contatti con il suo mondo sportivo, l’allenatore e la squadra; ad
accettare le emozioni negative legate all’infortunio, in attesa di riprendersi
la sua identità di sportivo; a sentirsi soggetto attivo nel processo di
riabilitazione; a ripetere mentalmente il gesto motorio dato che l’immagery
consentirebbe di rimanere tecnicamente e muscolarmente allenati anche in stato
fisico di effettivo riposo.
Bibliografia
Simone M., O.R.A. Obiettivi,
Risorse, Autoefficacia. Modello di intervento per raggiungere obiettivi nella
vita e nello sport, Edizioni ARAS, Fano, 2013.
Matteo SIMONE
Psicologo
dello sport, Psicoterapeuta
21163@tiscali.it
3804337230
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