Capoeira,
una specie di conversazione corporea fatta di domande e risposte
“Nella capoeira non ci sono vincita o perdita, ma c’è
un gioco che consiste nello schivare, nell’evitare, nell’uscire dalle
situazioni che appaiono difficili, così come succede nella vita reale, dove a
tutto c’è una soluzione” Thiago,
formado bahiano del gruppo “RACA” Roma
La
Capoeira è un arte marziale che può sembrare una danza ma è anche una modalità
di comunicazione, di stile di vita, di aggregazione multiculturale con regole,
tradizioni e etica da rispettare.
C’è
un passaggio di informazioni, di insegnamento, di modalità di stare con
l’altro, di guardare l’altro, di stare in circolo chiamata “RODA” ed anche di
stare nella RODA giocando con l’altro.
L’osservazione
è importante nella capoeira per tutti i componenti della RODA. I due che
giocano devono osservarsi a vicenda per conoscersi e capire come giocare, come
domandare, come rispondere, devono seguire il rito, le eventuali indicazioni
del berimbau.
Personalmente la considero una
sorta di terapia comunitaria perché, per i neofiti che si avvicinano a questo
sport, c’è quasi una presa in carico da parte del maestro o istruttore ed anche
da parte del gruppo.
La Capoeira valorizza l’impegno/sforzo che ogni
persona intraprende per apprendere quest’arte; valorizza più il processo che il
risultato, poiché non si cerca la vittoria nel gioco della capoeira ma più che
altro una sorta di cooperazione tra i due capoeirsti che giocano all’interno di
una RODA da; mira a permettere ai partecipanti di entrare in un gruppo e una
cultura di appartenenza; è un incontro tra persone di diverse culture, ceto
sociale; è un momento di narrazione attraverso la musica, i canti, e i battiti
delle mani.
Per diverso tempo è stato vietato giocare la capoeira, ma poi è stata riconosciuta
sia come sport nazionale che come approccio psicoeducativo.
Nel 1936 il presidente Getúlio
Vargas, cercando appoggio dalla popolazione povera, permise la prática della
capoeira revocando l’articolo 402 del Códice Penale del 1890. Manoel dos Reis
Machado, conosciuto come Mestre Bimba, inaugurò l’allenamento della capoeira
nelle scuole, ma Bimba non usava il nome di capoeira della scuola, la chiamava Luta Regional Baiana, oggi conosciuta come
Capoeira Regional.
La capoeira non è solo giocare ma è anche suonare, cantare, conoscere la
storia,
educazione: insomma, è un mondo che accomuna, sostiene, contiene e accudisce, e
per alcuni può essere considerato un posto sicuro, un rifugio.
Ci sono alcuni aspetti molto
importanti nella capoeira quali il movimento base che è la “GINGA”. Trattasi di
un movimento con una gamba piegata in avanti e l’altra distesa all’indietro che
permette una sorta di stabilità e allo stesso tempo fluidità dalla quale è
possibile fare qualsiasi cosa. Da questa posizione alternata destra/sinistra, infatti,
si è pronti innanzitutto a osservare l’antagonista ma si è pronti anche sia ad
attaccare che a schivare suoi eventuali attacchi.
Senza ginga non esiste la capoeira, dalla ginga nascono tutti i movimenti della
capoeira, sia di attacco sia di difesa. Nella capoeira ginga è tutto: serve per
studiare l’avversario e identificare la miglior opportunità per attaccare.
Nella capoeira, come dice Thiago, l’istruttore bahiano del
gruppo “RACA” che tiene corsi a Roma, non ci sono vincita o perdita, ma c’è
un gioco che consiste nello schivare, nell’evitare, nell’uscire dalle
situazioni che appaiono difficili, così come succede nella vita reale, dove a
tutto c’è una soluzione, bisogna avere un’apertura mentale, crederci e provare,
in ogni caso gli altri sono pronti e disponibili ad aiutare.
A questo proposito, voglio
parlare dei modi di comprare il gioco.
Per far ciò bisogna introdurre gli strumenti che sono il berimbau, uno strumento che comanda il gioco. Nel berimbau c’è
l’anima, lo spirito della capoeira, inoltre possono essere presenti altri
strumenti quali il pandeiro, l’atabaque, l’agogo e il reco-reco.
Ci si dispone in un cerchio,
due persone decidono di giocare disponendosi accovacciati davanti al berimbau e
si parte per il gioco, che comprende l’osservazione dell’altro, l’ascolto del
ritmo del berimbau, l’ascolto delle sensazioni del proprio corpo e dell’energia
dell’intero gruppo. Non si tratta di un’arte marziale aggressiva, ma più che
altro dimostrativa: si cerca di evitare di colpire con forza, potenza e
aggressività ma, come dice il
Contra-Mestre Junior Graucà, può capitare anche di prendere colpi, soprattutto
se non si gioca con la giusta attenzione e concentrazione e se non si
ascoltano gli insegnamenti dei maestri.
"Il richiamo a giocare capoeira è
l’inconfondibile suono dell’arco musicale, il berimbau, che comanda la roda, il
cerchio della capoeira. Il musicista principale batte sulla corda d’acciaio per
indicare il ritmo ed il tempo all’orchestra che dirige la roda ed ai giocatori
che vi entreranno. Quando il mestre che suona il berimbau ha stabilito il
ritmo, si uniscono a lui
altri suonatori: suonano altri
berimbau, pandeiros , e a volte altri strumenti a percussione…
I due che per primi entreranno
nella roda si accucciano davanti al berimbau, “ai piedi del berimbau”, le loro
teste abbassate, appoggiati sui talloni, sempre tenendosi sotto controllo con
la coda dell’occhio.
Per cominciare a cantare, il
mestre urla le prime sillabe della ladainha: ”Iê!”….
Guidati dal ritmo della musica
e dall’energia del canto, i giocatori cominciano lentamente a mettersi alla
prova per comprendere le rispettive intenzioni e capacità….
Fra i due si sviluppa una
specie di conversazione corporea che è al tempo stesso cooperativa e
competitiva.” (1)
Coloro
che vogliono entrare nel gioco devono osservare per capire il momento giusto,
si può entrare nel gioco o perché si ha voglia di giocare o per aiutare un
capoerista in difficoltà e si entra con un’attenta modalità e gestualità non
verbale, di solito ponendo una mano tra i due giocatori con il dorso verso la
persona che si vuol fare uscire che di solito è il più stanco o più debole o
meno graduato.
“La chamada ai piedi del berimbau è fatta inclinando
lo strumento verso il centro della roda e, suonando sull’arame, si produce una
sonorità decrescente che indica una modifica nel gioco o un rallentamento
oppure il termine del gioco stesso. Questo rituale può essere usato quando il
gioco diventa violento o c’è una disputa fra due giocatori. La chamada ai piedi
del berimbao deve essere fatta con attenzione. Poiché è una regola basica del
gioco, deve essere rispettata come un procedimento etico, e deve essere fatta
dal Mestre o da chi guida la roda” (2)
“Il toque di Cavalaria è nato
dalla necessità di avvisare i capoeristi dell’arrivo della polizia” (3)
L’allievo di capoeira dopo
circa sei mesi/un anno di apprendimento può partecipare al “Batizado” dove
sostiene un esame su quello che ha appreso e gli è dato l’appellido, cioè un
soprannome. Quest’usanza deriva dal fatto che, essendo proibita per tanto
tempo, i capoeristi si riconoscevano attraverso soprannomi per non essere
identificati. Il Batizado comprende il gioco nella RODA dell’allievo con un
graduato che gli fa da padrino e, come vuole la tradizione, cercherà di farlo
cascare, in modo che possa apprendere che l’importante è potersi rialzare
sempre e che non si finisce mai di imparare (questo è un concetto simile alla
resilienza, cioè si può uscire dalle situazioni difficili più forti di prima).
Il batizado è il momento in cui il capoeirsta iniziante passa a far
parte al 100% del gruppo e del mondo della capoeira; ricevendo la sua prima
graduazione, l'allievo può entrare in qualsiasi roda in cui ci sia una batteria
completa di strumenti: tre berimbal, due pandeiro, un atabaque, un agogo e uno
reco-reco, sempre rispettando il toque e le altre graduazioni.
Il batizado è un’occasione per
accogliere altri, fare comunità, confrontarsi con gli altri, STARE BENE,
legarsi agli altri, condividere, apprendere altre modalità di stare al mondo in
un clima di accoglienza e condivisione. Come dice Thiago: “La capoeira non è dentro la palestra ma è fuori”.
(1)
Downey,
Greg 1998
Incorporating Capoeira: phenomenology of a movement discipline. Chicago:
University of Chicago
(2)
Eusebio Lobo da Silva, O corpo na capoeira, Campinas,
Brasil, Editora da UNICAMP, 2008.
(3)
Projeto Político Pedagógico
Educacional 01, 2010 – SEEDF
380-4337230 - 21163@tiscali.it
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