Autore: Roberto Naranzi
Allenatore di atletica leggera Fidal
ll primo passo da compiere per iniziare un programma
di allenamento è definire quali siano gli obiettivi dell’atleta e valutarne
l’attuabilità.
Questa valutazione preliminare, fondamentale, nella
pianificazione di un percorso implica una definizione della condizione fisica
di partenza dell’atleta.
Quindi, per comprendere se gli obiettivi siano raggiungibili
e condivisibili con l’allenatore è fondamentale capire da quale livello si
parte. La definizione del livello di partenza si può ottenere misurando la VAM
del soggetto.
La VAM corrisponde alla velocità massima aerobica,
ovvero esprime la potenza dell’atleta fondista; si può paragonare la VAM alla
cilindrata del motore.
E’ un valore che ci indica come il soggetto reagisce
metabolicamente all’esercizio fisico.
Premettiamo che fonte energetica primaria per la
contrazione muscolare è l’idrolisi dell’adenosintrifosfato (ATP); l’ossidazione
di substrati energetici, zuccheri e acidi grassi, consente la risentesi di ATP
con relativo consumo di ossigeno (O2).
All’inizio di un lavoro muscolare sottomassimale il
consumo di O2 aumenta gradualmente fino ad un valore stabile definito stato
stabile che viene raggiunto nell’arco di 3-4 minuti, detto stato stazionario.
Se la potenza muscolare aumenta, il consumo di ossigeno aumenterà fino ad un
massimo al di sopra del quale l’esercizio richiede un continuo intervento di
meccanismi anaerobici lattacidi. Il massimo consumo di ossigeno è determinato
dalla quantità massima di O2 che può essere trasportata, captata, utilizzata dall’organismo
e corrisponde alla capacità massima di un soggetto di utilizzare nell’unità di
tempo l’energia prodotta dal sistema ossidativo aerobico. La VAM è la velocità
alla quale il soggetto raggiunge il massimo consumo di O2.
Per questa ragione la misurazione della VAM di un
soggetto è il primo passo preliminare all’impostazione di un programma
d’allenamento.
La VAM con l’allenamento nel tempo si può modificare.
Il consumo massimo di O2 è condizionato da meccanismi
integrati che consentono il trasporto dell’O2 fino alla sua utilizzazione
intracellulare. Il principale fattore limitativo per il trasporto di O2 è la
massima capacità di trasporto di O2 in periferia da parte del sistema
cardiocircolatorio.
Questo si ottiene effettuando sedute di allenamento
in cui si pratica il fondo lento al 75% della VAM e sedute al ritmo della VAM
con ripetute intervallate da recuperi completi. Con questo tipo di allenamento
in uno o due mesocicli si può riuscire ad ottenere un miglioramento dell’atleta
corrispondente ad un incremento della VAM anche del 10-12% rispetto alla
propria VAM iniziale.
La VAM si misura attraverso test nei quali si
sottopongono all’atleta, secondo modalità diverse, carichi crescenti fino al
raggiungimento della massima capacità di trasporto di O2.
Esistono diversi test da campo utili ad ottenere una
valutazione della VAM e della soglia anaerobica.
Appare necessaria un’ulteriore premessa. La soglia
anaerobica è un’indice della capacità di sostenere per un tempo prolungato
elevate frazioni di O2. Si è detto che quando la richiesta energetica supera il
massimo consumo di O2 si assiste ad un accumulo di lattato nel sangue.
Il lattato prodotto dai muscoli è in parte ossidato
dagli stessi muscoli che l’hanno prodotto, in parte viene trasportato nel torrente
circolatorio ed ossidato da parte di altri distretti muscolari ed organi. Il
graduale aumento di lattato ematico nello sforzo sottomassimale si spiega con
una discrepanza tra la velocità di produzione e la velocità di smaltimento. La
soglia anaerobica corrisponde all’intensità di lavoro correlata alla massima
concentrazione di lattato che può essere mantenuta costante nel tempo. Se
trasportiamo questo concetto in termini di esercizio muscolare la soglia
anaerobica è la percentuale della potenza massima metabolica che un atleta può
sostenere per tempi prolungati. Un esercizio prolungato compiuto mantenendo la
concentrazione di lattato costante, seppure elevata rispetto alle condizioni di
riposo, corrisponde ad una condizione di aerobiosi. Ovvero l’esercizio
corrispondente alla VAM è aerobico e tutte le cellule sono in una condizione di
aerobiosi, mentre al livello della soglia anaerobica la quasi totalità delle
cellule è in una condizione aerobica.
I test da campo più utilizzati sono il test di Conconi,
il BAS Test, il test dei 7 minuti, il test di MUTT.
Il test di Conconi è un test di difficile realizzazione.
Nondimeno è un test diffuso perché non necessita di particolari attrezzature, per
l’esecuzione del test sono infatti necessari solo un cardiofrequenzimetro ed un
cronometro. Si procede ad un ritmo che l’atleta trovi “comodo” come ritmo di
fondo lento, si procede con serrati incrementi di velocità ad intervalli brevi
misurando contestualmente la frequenza cardiaca. Questa, con l’incremento dello
sforzo richiesto, aumenterà fino ad un livello sul quale si stabilizza e che
corrisponde alla soglia anaerobica. Perché possa essere utilizzato è necessario
che l’atleta abbia un’elevata sensibilità ai ritmi, cioè un’ottima percezione
della velocità espressa Infatti, se non si riesce ad ottenere una velocità
incrementale, non si può osservare il momento di deflessione dell’andamento di
incremento della frequenza cardiaca. Se non si riesce ad incrementare la
velocità gradualmente come da protocollo e non si ottiene una deflessione della
curva cardiaca non si ha una valutazione della soglia anaerobica. Pertanto da
un lato la difficoltà di esecuzione lo rende poco attendibile, anche nel
soggetto più allenato e sensibile ai ritmi è difficile che il test sia affidabile,
dall’altro si tratta di un test indiretto che presuppone vi sia una
correlazione tra frequenza cardiaca e metabolismo aerobico.
BAS test si ottiene con due prove a distanza di 48
ore l’una dall’altra, entrambe condotte alla massima velocità. Le prove sono
eseguite la prima su una percorso di 2000 m, la seconda su 3000 m. La
differenza di tempi ottenuti nelle due prove, rapportata alla distanza,
consente di valutare la VAM.
Nel test dei 7 minuti si invita l’atleta a correre
alla massima velocità per 7 minuti, chiedendo di mantenere la velocità
regolare. Si valuta la distanza percorsa che, confrontata con tabelle di
riferimento, ci consente di calcolare la VAM. La velocità media ottenuta nel
test dei 7 minuti è grossomodo corrispondente alla VAM negli amatori.
Il test di MUTT è un test a velocità incrementale in
cui si parte a ritmo di fondo lento del soggetto esaminato. Il test, per essere
attendibile, deve durare 6-12 minuti. Si può effettuare su tapis-roulant o su
pista (cioè un percorso misurato). Perché si possa eseguire su pista bisogna
avere una buona sensibilità ai ritmi ottenuti. Partendo dal fondo lento si
incrementa la velocità di 1 Km/h ogni 2 minuti fino ad esaurimento muscolare o
respiratorio. L’ultimo step in cui si riesce a mantenere la velocità per 2
minuti corrisponde alla VAM del soggetto (corrispondente circa al 90% della
frequenza cardiaca massima reale del soggetto). Lo step precedente all’ultimo
può essere definito come velocità critica del soggetto, o potenza aerobica.
Questa corrisponde al potenziale che, se
correttamente allenato, può essere espresso dal soggetto, ovvero è l’obiettivo
del percorso di allenamento.
I 10000 m sono la distanza in cui si esprime la potenza
aerobica dell’atleta amatore e quindi il test esprime la velocità che,
potenzialmente, può essere mantenuta sui 10 Km.
La VAM per gli amatori è stimabile nel range di 16-18
Km/h. La velocità corrispondente alla VAM può essere mantenute per 2-3 Km.
Una volta determinate VAM e velocità critica, tramite
il test, si può, in base all’obiettivo dell’atleta condiviso dall’allenatore, operare
una valutazione di quale aspetto allenare in prima battuta.
Esempio: se il soggetto volesse migliorare sulla
distanza di 10000 m, avendo una VAM relativamente bassa, dovrebbe dapprima allenare
la VAM. In un secondo momento va allenato il meccanismo maggiormente coinvolto
nei 10000, cioè la potenza aerobica. Invece se dimostrasse nel test una VAM
buona, non è opportuno stimolarla, e quindi si imposterebbe l’allenamento per migliorare
la potenza aerobica o soglia anaerobica.
In modo più semplicistico, si può, in un amatore, stimare
la soglia anaerobica dell’atleta aumentando la VAM di circa 10-15 secondi a Km.
Per ottenere una misurazione precisa della soglia del
lattato (cioè la max lass) si utilizzano test da campo nei quali si invita
l’atleta a correre a velocità vicine alla velocità critica, o soglia
anaerobica, per circa 3-6 minuti, eseguendo diverse prove. Nell’intervallo di
recupero tra una prova e l’altra, attraverso un prelievo ematico di sangue
capillare, viene dosata la concentrazione di lattato. Si deve ottenere una
misurazione del livello di lattato ematico al termine di ogni prova perché finchè
si assiste ad un incremento del lattato ematico non si è ancora raggiunta la
velocità corrispondente allo stato stazionario. Quando si raggiunge lo stato
stazionario la concentrazione di lattato tra un prelievo ed il successivo non
si deve discostare di più di 0,5 mmol/ml.
A conclusione, nella mia esperienza si è rilevato
come test più agevolmente utilizzabile il test di MUTT.
L’esecuzione di test all’inizio di un percorso
atleta-allenatore, si è dimostrato un efficace investimento di risorse, in
termini di tempo ed energia. E’ infatti possibile individuare un obiettivo
realisticamente raggiungibile ed, inoltre, che si possa ottenere in sicurezza,
senza esporre l’atleta ad un over training o a stress che, nel lungo periodo,
lo esporrebbero a rischi metabolici o di infortuni. Infine, la ripetizione del
test al termine di un percorso, offre una misura oggettiva di un auspicabile
miglioramento nella performance fisica globale, utile stimolo per chi corre per
mantenersi in forma.
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