mercoledì 14 maggio 2014

Sport e test da campo : come migliorare nella corsa, definire gli obiettivi e misurare la Velocità Massima Aerobica (VAM) prima di iniziare un programma di allenamento



 Autore: Roberto Naranzi
            Allenatore di atletica leggera Fidal

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ll primo passo da compiere per iniziare un programma di allenamento è definire quali siano gli obiettivi dell’atleta e valutarne l’attuabilità. 
Questa valutazione preliminare, fondamentale, nella pianificazione di un percorso implica una definizione della condizione fisica di partenza dell’atleta.
Quindi, per comprendere se gli obiettivi siano raggiungibili e condivisibili con l’allenatore è fondamentale capire da quale livello si parte. La definizione del livello di partenza si può ottenere misurando la VAM del soggetto.
La VAM corrisponde alla velocità massima aerobica, ovvero esprime la potenza dell’atleta fondista; si può paragonare la VAM alla cilindrata del motore.

E’ un valore che ci indica come il soggetto reagisce metabolicamente all’esercizio fisico.
Premettiamo che fonte energetica primaria per la contrazione muscolare è l’idrolisi dell’adenosintrifosfato (ATP); l’ossidazione di substrati energetici, zuccheri e acidi grassi, consente la risentesi di ATP con relativo consumo di ossigeno (O2).

All’inizio di un lavoro muscolare sottomassimale il consumo di O2 aumenta gradualmente fino ad un valore stabile definito stato stabile che viene raggiunto nell’arco di 3-4 minuti, detto stato stazionario. Se la potenza muscolare aumenta, il consumo di ossigeno aumenterà fino ad un massimo al di sopra del quale l’esercizio richiede un continuo intervento di meccanismi anaerobici lattacidi. Il massimo consumo di ossigeno è determinato dalla quantità massima di O2 che può essere trasportata, captata, utilizzata dall’organismo e corrisponde alla capacità massima di un soggetto di utilizzare nell’unità di tempo l’energia prodotta dal sistema ossidativo aerobico. La VAM è la velocità alla quale il soggetto raggiunge il massimo consumo di O2.
Per questa ragione la misurazione della VAM di un soggetto è il primo passo preliminare all’impostazione di un programma d’allenamento.
La VAM con l’allenamento nel tempo si può modificare.
Il consumo massimo di O2 è condizionato da meccanismi integrati che consentono il trasporto dell’O2 fino alla sua utilizzazione intracellulare. Il principale fattore limitativo per il trasporto di O2 è la massima capacità di trasporto di O2 in periferia da parte del sistema cardiocircolatorio.
Questo si ottiene effettuando sedute di allenamento in cui si pratica il fondo lento al 75% della VAM e sedute al ritmo della VAM con ripetute intervallate da recuperi completi. Con questo tipo di allenamento in uno o due mesocicli si può riuscire ad ottenere un miglioramento dell’atleta corrispondente ad un incremento della VAM anche del 10-12% rispetto alla propria VAM iniziale.


La VAM si misura attraverso test nei quali si sottopongono all’atleta, secondo modalità diverse, carichi crescenti fino al raggiungimento della massima capacità di trasporto di O2.
Esistono diversi test da campo utili ad ottenere una valutazione della VAM e della soglia anaerobica.
Appare necessaria un’ulteriore premessa. La soglia anaerobica è un’indice della capacità di sostenere per un tempo prolungato elevate frazioni di O2. Si è detto che quando la richiesta energetica supera il massimo consumo di O2 si assiste ad un accumulo di lattato nel sangue.
Il lattato prodotto dai muscoli è in parte ossidato dagli stessi muscoli che l’hanno prodotto, in parte viene trasportato nel torrente circolatorio ed ossidato da parte di altri distretti muscolari ed organi. Il graduale aumento di lattato ematico nello sforzo sottomassimale si spiega con una discrepanza tra la velocità di produzione e la velocità di smaltimento. La soglia anaerobica corrisponde all’intensità di lavoro correlata alla massima concentrazione di lattato che può essere mantenuta costante nel tempo. Se trasportiamo questo concetto in termini di esercizio muscolare la soglia anaerobica è la percentuale della potenza massima metabolica che un atleta può sostenere per tempi prolungati. Un esercizio prolungato compiuto mantenendo la concentrazione di lattato costante, seppure elevata rispetto alle condizioni di riposo, corrisponde ad una condizione di aerobiosi. Ovvero l’esercizio corrispondente alla VAM è aerobico e tutte le cellule sono in una condizione di aerobiosi, mentre al livello della soglia anaerobica la quasi totalità delle cellule è in una condizione aerobica.


I test da campo più utilizzati sono il test di Conconi, il BAS Test, il test dei 7 minuti, il test di MUTT.
Il test di Conconi è un test di difficile realizzazione. Nondimeno è un test diffuso perché non necessita di particolari attrezzature, per l’esecuzione del test sono infatti necessari solo un cardiofrequenzimetro ed un cronometro. Si procede ad un ritmo che l’atleta trovi “comodo” come ritmo di fondo lento, si procede con serrati incrementi di velocità ad intervalli brevi misurando contestualmente la frequenza cardiaca. Questa, con l’incremento dello sforzo richiesto, aumenterà fino ad un livello sul quale si stabilizza e che corrisponde alla soglia anaerobica. Perché possa essere utilizzato è necessario che l’atleta abbia un’elevata sensibilità ai ritmi, cioè un’ottima percezione della velocità espressa Infatti, se non si riesce ad ottenere una velocità incrementale, non si può osservare il momento di deflessione dell’andamento di incremento della frequenza cardiaca. Se non si riesce ad incrementare la velocità gradualmente come da protocollo e non si ottiene una deflessione della curva cardiaca non si ha una valutazione della soglia anaerobica. Pertanto da un lato la difficoltà di esecuzione lo rende poco attendibile, anche nel soggetto più allenato e sensibile ai ritmi è difficile che il test sia affidabile, dall’altro si tratta di un test indiretto che presuppone vi sia una correlazione tra frequenza cardiaca e metabolismo aerobico.

BAS test si ottiene con due prove a distanza di 48 ore l’una dall’altra, entrambe condotte alla massima velocità. Le prove sono eseguite la prima su una percorso di 2000 m, la seconda su 3000 m. La differenza di tempi ottenuti nelle due prove, rapportata alla distanza, consente di valutare la VAM.
Nel test dei 7 minuti si invita l’atleta a correre alla massima velocità per 7 minuti, chiedendo di mantenere la velocità regolare. Si valuta la distanza percorsa che, confrontata con tabelle di riferimento, ci consente di calcolare la VAM. La velocità media ottenuta nel test dei 7 minuti è grossomodo corrispondente alla VAM negli amatori.
Il test di MUTT è un test a velocità incrementale in cui si parte a ritmo di fondo lento del soggetto esaminato. Il test, per essere attendibile, deve durare 6-12 minuti. Si può effettuare su tapis-roulant o su pista (cioè un percorso misurato). Perché si possa eseguire su pista bisogna avere una buona sensibilità ai ritmi ottenuti. Partendo dal fondo lento si incrementa la velocità di 1 Km/h ogni 2 minuti fino ad esaurimento muscolare o respiratorio. L’ultimo step in cui si riesce a mantenere la velocità per 2 minuti corrisponde alla VAM del soggetto (corrispondente circa al 90% della frequenza cardiaca massima reale del soggetto). Lo step precedente all’ultimo può essere definito come velocità critica del soggetto, o potenza aerobica.
Questa corrisponde al potenziale che, se correttamente allenato, può essere espresso dal soggetto, ovvero è l’obiettivo del percorso di allenamento.
I 10000 m sono la distanza in cui si esprime la potenza aerobica dell’atleta amatore e quindi il test esprime la velocità che, potenzialmente, può essere mantenuta sui 10 Km.
La VAM per gli amatori è stimabile nel range di 16-18 Km/h. La velocità corrispondente alla VAM può essere mantenute per 2-3 Km.
Una volta determinate VAM e velocità critica, tramite il test, si può, in base all’obiettivo dell’atleta condiviso dall’allenatore, operare una valutazione di quale aspetto allenare in prima battuta.
Esempio: se il soggetto volesse migliorare sulla distanza di 10000 m, avendo una VAM relativamente bassa, dovrebbe dapprima allenare la VAM. In un secondo momento va allenato il meccanismo maggiormente coinvolto nei 10000, cioè la potenza aerobica. Invece se dimostrasse nel test una VAM buona, non è opportuno stimolarla, e quindi si imposterebbe l’allenamento per migliorare la potenza aerobica o soglia anaerobica.


In modo più semplicistico, si può, in un amatore, stimare la soglia anaerobica dell’atleta aumentando la VAM di circa 10-15 secondi a Km.

Per ottenere una misurazione precisa della soglia del lattato (cioè la max lass) si utilizzano test da campo nei quali si invita l’atleta a correre a velocità vicine alla velocità critica, o soglia anaerobica, per circa 3-6 minuti, eseguendo diverse prove. Nell’intervallo di recupero tra una prova e l’altra, attraverso un prelievo ematico di sangue capillare, viene dosata la concentrazione di lattato. Si deve ottenere una misurazione del livello di lattato ematico al termine di ogni prova perché finchè si assiste ad un incremento del lattato ematico non si è ancora raggiunta la velocità corrispondente allo stato stazionario. Quando si raggiunge lo stato stazionario la concentrazione di lattato tra un prelievo ed il successivo non si deve discostare di più di 0,5 mmol/ml.
www.ssmlsandomenico.it

A conclusione, nella mia esperienza si è rilevato come test più agevolmente utilizzabile il test di MUTT.
L’esecuzione di test all’inizio di un percorso atleta-allenatore, si è dimostrato un efficace investimento di risorse, in termini di tempo ed energia. E’ infatti possibile individuare un obiettivo realisticamente raggiungibile ed, inoltre, che si possa ottenere in sicurezza, senza esporre l’atleta ad un over training o a stress che, nel lungo periodo, lo esporrebbero a rischi metabolici o di infortuni. Infine, la ripetizione del test al termine di un percorso, offre una misura oggettiva di un auspicabile miglioramento nella performance fisica globale, utile stimolo per chi corre per mantenersi in forma.

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